West Papua: quattordicesimo giorno, la cerimonia del sago..e delle larve

Che giornata! Abbiamo assistito all’estrazione della farina dalle piante del sago, ed è stato incredibile.

Partenza dal villaggio presto, il tempo ci ha regalato una bella giornata, siamo stati fortunati ed arriviamo nel luogo della cerimonia mentre le donne stanno già lavorando ed hanno quasi finito di “spolpare” un albero.

IMG_3871Balilom, il capo villaggio, ci accompagna ed appena arriviamo prende un’accetta ed inizia ad abbattere un grosso albero di sago, mentre canta. Una volta abbattuto il tronco, lo incide per circa metà della sua lunghezza, quindi lo apre con un puntello di legno, staccando la corteccia dalla polpa, come se fosse la buccia di una banana.

IMG_3901A questo punto subentrano le donne, vestite con il tradizionale gonnellino di paglia intrecciata, a seno nudo e con le borse che sembrano reti da pesca tenute con lo spallaccio sulla testa, alcune con dentro i figli piccoli. Uno di questi bambini ad un certo punto si sveglia ed inizia a piangere, la madre per farlo calmare deve cedere e dargli un machete alto più o meno quanto lui, per farlo giocare!

Le donne, anche loro cantando, utilizzano una sorta di zappa in legno con la punta in pietra per spezzettare la polpa del tronco, che si frantuma in tante scaglie. Il ricavato viene portato ad altre donne, che nel frattempo hanno costruito, con le foglie del sago, un tubo che appoggia ad un’estremità su dei bastoni e che degrada verso il suolo, avendo l’altra estremità quasi in piano. A circa un terzo del “tubo”, verso l’alto, viene posizionata una benda di stoffa, fissata con due mollette ricavate sempre dalle foglie del sago. Le donne prendono una parte del mucchio di polpa spezzettata, lo appoggiano sul tubo nella parte a monte del filtro, lo bagnano con l’acqua del fiume e lo strizzano finché l’acqua che ne esce è biancastra.

20180815_024332L’acqua passa attraverso il filtro e scorre lentamente, fino quasi a ristagnare, nella seconda parte del tubo di foglie. In questo modo la farina ha il tempo di depositarsi.

A fine giornata ciò che rimane è uno spesso strato di farina umida dalla consistenza del pongo, che viene divisa in blocchi e fasciata nella corteccia di sago e portata al villaggio, dove viene fatta seccare.

Il cuore del sago invece, nella parte in cui crescono le foglie verdi, si mangia crudo ed ha un sapore squisito, dolce e dalla consistenza tenera, sembra davvero un cibo degli dei.

IMG_3925Dopo la farina passiamo alle larve. La corteccia di un albero di sago, precedentemente abbattuto ed inciso perché marcisse, viene sollevata con l’accetta e se ne traggono tantissime larve grasse e bianche, che si agitano se vengono tolte dal loro bozzolo. Alcune hanno già iniziato la metamorfosi per diventare scarafaggi..e i Korowai che le stanno estraendo le mangiano crude! Nell’aria si respira odore di fermentazione, come quando si entra in una cantina dove si produce il vino.

Tornati al villaggio, dopo l’immancabile bagno nel fiume, questa volta in compagnia di un maialino rosa..pizza di larve!

20180815_090749Vengono scaldate molte pietre, dopo di che viene presa una foglia di banano, ci si mette sopra uno strato di farina di sago, poi le larve e quindi altro sago. Si chiude il tutto dentro la foglia, si mette sulle pietre roventi, ma senza fuoco, vi si pongono sopra altre pietre roventi e dopo una ventina di minuti, voilà, la cena è servita!

Non ci crederete, ma il sapore è buono! Sembra una piadina un po’ insipida con dentro una crema simile alla besciamella, tutt’altro che sgradevole. Unico inconveniente è che la testa della larva è nera e croccante e può dare un po’ fastidio, più che altro  perché ti ricorda che stai mangiando proprio un vermone che si trasformerà in scarafaggio, ma è buona.

Dopo questo aperitivo, si cena e si va a dormire presto, come sempre..e come sempre non si dorme perché nel villaggio fanno baldoria e chiacchierano e tossiscono e i bambini piangono.

Oggi è stata un’esperienza stupenda, formativa e che ci lascerà ricordi indelebili per tutta la vita.

e.

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